lunedì 30 aprile 2012

1 uomo, 30 anni e 5,5 km quadrati

Premessa: il Panda dedica questo post ad un uomo chiamato Mulai, ai suoi 30 anni di lavoro e ai 550 ettari di speranza che ne sono derivati.
Un ettaro, per chi non avesse dimestichezza con le misure agrarie, è un'unità di misura dell'area equivalente alla superficie di un quadrato con il lato di 100 metri. Da ciò se ne ricava che una superficie di 550 ettari equivale a 5.500.000 metri quadrati o, se si preferisce, 5,5 chilometri quadrati. È credibile secondo voi che un ragazzino di 17 anni riesca con le sue sole forze a creare dal nulla (ma sarebbe meglio dire da un deserto) una foresta di 5,5 km quadrati? Certo che no! Eppure è quel che è accaduto. Al “ragazzino” ci sono voluti 30 anni, ma ci è riuscito. Un solo uomo, per di più in un paese povero come l’India e privo di appoggi politici è riuscito a trasformare in “soli” 30 anni una vasta landa di arida sabbia in una foresta lussureggiante. Una foresta in cui sono tornati a vivere non solo piante e uccelli selvatici, ma persino elefanti e tigri. Per chi volesse saperne di più consiglio il bellissimo articolo de il Cambiamento.

Quante migliaia di dibattiti, convegni e conferenze si sono consumati, in quello stesso lasso di tempo, sul tema del rimboschimento? Quanti mezzi, risorse e persone, sono state sperperate inutilmente dai governi per parlare di salvaguardia ambientale senza giungere a nessun concreto risultato? La distanza tra quel “ragazzo di 17 anni” indiano e le chiacchiere ben pagate dei cosiddetti esperti governativi e non, segnano la misura che divide ciò che è possibile fare da ciò che si vuole realmente fare.

Qualcuno, a questo punto, forse penserà che, in fin dei conti, le cose non vanno poi tanto male se i boschi italiani sono cresciuti di un 20% in 20 anni. Il Panda si riferisce alla stupenda notizia uscita in occasione dell’ultima giornata della terra, secondo cui, stando a Coldiretti, nell’ultimo ventennio, si sarebbe assistito ad un aumento di circa 1,7 milioni di ettari di foresta nel Bel Paese. Sfortunatamente quel risultato è in gran parte dovuto al fenomeno dell’abbandono dei terreni agricoli montani. L’impetuosa espansione delle nostre aree boschive è quindi più un segnale di un grave cedimento economico del comparto agricolo piuttosto che un brillante risultato ottenuto tramite una lungimirante e paziente politica di conservazione e valorizzazione del territorio. Se poi si guarda fuori dai confini nazionali, la situazione delle foreste assume connotati drammatici quando non apocalittici.

Dato che, come ha fatto notare Coldiretti, le foreste se ben gestite sono incredibili risorse economiche oltre che ecologiche, quanti soldi sono andati in fumo, insieme alle sconfinate foste abbattute in giro per il mondo? Alla luce del periodo di altissimi costi energetici e devastanti cambiamenti climatici in cui ci stiamo dolorosamente inoltrando, siamo sicuri che quegli ambientalisti apparentemente radicali del passato non avessero assai più ragione di quanto si voglia tuttora ammettere?

Negli ultimi 30 anni, nonostante convegni, gridi d’allarme e infinite motivazioni scientifiche ed economiche per far altrimenti, il mondo ha fallito nella difesa delle sue foreste e delle ricchezza che conservano. C’è bisogno di meno congressi è più azioni. Non fra 30 anni da ora.

Cambiare è possibile e bello, conveniente, necessario, intrigante e…

…faticoso. Nonostante la fatica possa scoraggiare, non ci si dovrebbe mai scordare che l’alternativa al cambiamento è tutt’altro che una passeggiata di salute.


Buon futuro a tutti dal Panda

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