martedì 27 dicembre 2011

Non siamo più la settima economia del mondo!

Il tanto venerato PIL, sta tradendo l’occidente. Quello del Brasile, ad esempio, ha appena sorpassato quello inglese. La cosa non vi tocca? Beh, se considerate che l’economia inglese, prima di questo sorpasso era la sesta al mondo e noi la settima, forse è il caso di ripensarci su, non trovate? Ebbene sì, non siamo più la settima nazione per prodotto interno lordo (quella, infatti, l’è diventata il Regno Unito): ora siamo ottavi e di due posizioni dietro al tanto "disprezzato" Brasile. Non sarà certo il vostro Panda a perorare la causa del PIL in eterna crescita e neppure a parlar male dei paesi emergenti (mai e poi mai!), ma qui la questione è un’altra…



..nell’immaginario dell’italiano medio, dire Brasile vuol ancora dire favelas, narcotraffico, ninos de rua e affini. Il Brasile però, sotto il governo Lula, ha vissuto una fase di imponente crescita economica. Per dirla tutta, più o meno nello stesso periodo in cui il Brasile ha ingranato la quinta, l’Italia ha iniziato una spirale discendente senza precedenti, con una contrazione strutturale delle esportazioni e un peggioramento vistoso, clamoroso della propria immagine pubblica e della propria appetibilità commerciale.

Quel che sconcerta, non è tanto essere stati sorpassati, e persino surclassati in un sol balzo da una nazione come il Brasile, quanto piuttosto vedere l’irriducibile fede italica nell’immutabilità del proprio benessere sopravvivere illesa persino dinnanzi allo sfacelo più assoluto e conclamato. Gli italiani, intontiti da una propaganda politicamente e culturalmente claustrofobica, senza nemmeno accorgersene, si sono isolati dal resto del pianeta Terra nel corso di decenni di bombardamenti mediatici senza limiti. L’italiano medio ha così finito per sviluppare una propria cultura (o pseudo-tale) completamente refrattaria a qualsiasi evidenza e mutamento: La Cina mette in orbita (da sola) astronauti e stazioni spaziali? Sarà anche, ma per gli italiani Cina è ancora sinonimo di “schiavetti” per produzioni di bassa qualità e a basso livello tecnologico. Il PIL brasiliano scavalca in un sol colpo noi e l’Inghilterra? Sì, vabbè, ma da noi si vive tantoooo meglio, vuoi mettere! Siamo ultimi in Europa per potere d’acquisto ed innovazione tecnologica? Ma scherziamo? Che vuoi che sia finché possiamo vantare il nostro glorioso Made in Italy?! Una buona fetta di italiani non arriva alla fine del mese e ben 3 milioni di loro non ha più neppure i soldi a sufficienza per mangiare tutti i giorni? Uffa! Ma sempre a lamentarsi! Vai in Africa allora a vedere se ti diverti!

L’oltraggiosa subcultura televisiva di italica fattura pare aver tolto nel corso dei decenni ogni briciola di istinto di sopravvivenza ai suoi succubi concittadini: i figli non trovano lavoro neppure dopo un master e una decina di corsi di formazione? Sono solo bamboccioni piagnucolosi! Le rovine di Pompei crollano? Vabbè, non drammatizziamo. La maggior parte del Made in Italy nel mondo è un falso? Si dovrà considerare la cosa, ma senza farsi prendere da angoscia. Abbiamo un livello di libertà di stampa e parola simile alla Namibia? Ahh-ha-ha! Embè, che ci vuoi fare? L’infrastruttura di Internet, in Italia è così sottosviluppata e rachitica da essere confrontabile e paragonabile solo a realtà da Est-Europa post sovietica? Sì ma noi abbiamo avuto Marconi, Galileo, Michelangelo, il Gabibbo!

Non c’è limite alla capacità italica di fuggire dalla realtà, di minimizzare il drammatico, di ridere spensieratamente dell’osceno, di sottovalutare l’enorme differenza culturale che ci divide dal resto del pianeta. Certo, ci si lamenta moltissimo dello stato attuale delle cose in Italia, ma poi ci si fa sopra una bella e stolta risatina e si continua come sempre, limitandosi a fare una scrollatina di spalle e a concludere con un bel vabbè!

Se tutto il resto del mondo avesse o stesso identico atteggiamento, non sarebbe neppure tanto male (anzi) , ma come ben sanno i tanti giovani italiani che emigrano all’estero (e non sono solo ricercatori scientifici), all’estero vige tutt’altro orientamento. Non si tratta d’esser meglio o peggio, si tratta di essere o non essere pratici. All’estero, con tutti i difetti e le limitazioni che hanno i paesi esteri, c’è più praticità: la ricerca scientifica viene sostenuta, si fa spazio ai giovani (e non solo dinnanzi alla macchina per le fotocopie o ai call-center), l’evasione fiscale viene contenuta entro limiti sopportabili, si investe e si creno le condizioni propizie per investire, ecc…

L’Italia è un paese stupendo, ricco di storia, eccellenze, sapori, meraviglie d’ogni tipo e soprattutto di fantastiche risorse umane, ma questo non deve diventare una scusa per lasciarsi scivolare nel pozzo senza muovere un dito. Al contrario, la bellezza dell’Italia dovrebbe essere uno stimolo per reagire, perché la bellezza o la si apprezza e difende oppure la si perde rapidamente e malamente. Il fatalismo è utile se serve a far quel che c’è da fare senza preoccuparsi troppo di ciò che ti bloccherebbe, ma diviene un pantano infinito se diviene la scusa preconfezionata per ogni peggioramento in atto. Essere ottimisti o pessimisti non è il punto della questione. Il punto della questione è avere un atteggiamento pragmatico oppure non avercelo.

Il vostro affezionato Panda crede che sia il momento di ri-appropriarci della vecchia e gloriosa arte tutta italiana di arrangiarsi, ma di farlo aggiornandola ai tempi che corrono (e sono tempi che corrono alla svelta quelli in cui viviamo). O ci ri-innamoriamo della nostra intraprendenza, ingegnosità e sensibilità, riadattandole alla realtà economica, tecnologica e culturale di oggi (e non a quella di 30 o 40 anni fa) oppure siamo destinati ad un declino stracolmo di discorsi del tipo: “Sei un laureato, trentaseienne, ex-ricercatore del CERN, pluri-masterizzato e pluri-premiato che si lamenta di non trovar lavoro in Italia? Di che ti lamenti? Con tutte le mucche e la merda di mucca da mungere e spalare che c’è! Suvvia, sempre a lamentarti! Pensa a come stanno in Africa! Vergognati bamboccione e rimboccati le maniche che le mucche non aspettano i comodi di nessuno, altro che Internet, energie verdi, nanotecnologie e tutte quelle fandonie lì che hai in testa tu!”.

E’ vero, le mucche non aspettano nessuno, ma nemmeno il resto del mondo ha poi tutta questa gran pazienza, quindi sarà meglio non restare troppo in dietro, a meno che non si voglia fare la fine che, in questa società, hanno sempre fatto quelli che sono restati indietro rispetto agli altri.


Buon futuro a tutti dal Panda

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