martedì 5 luglio 2011

Sabbie bituminose + rafinerie invendute + oro nero alle stelle = crollo energetico imminente!

Sembra assurdo, ma ci sono ancora un sacco di irriducibili “ottimisti” che dicono che il “Picco del Petrolio” non esiste. La maggior parte di loro, presumibilmente, possiede un’idea approssimativa e distorta del picco. Un’altra parte, elitaria ed infinitesimale rispetto alla totalità, è probabilmente in malafede, parlando per interessi economici più che evidenti. Tralasciando queste distinzioni, secondo questa diffusissima opinione, l’incredibile aumento del prezzo dell’oro nero che tutti abbiamo avuto modo di osservare in questi anni sarebbe spiegabile con la pura speculazione finanziaria. Per questi campioni dell’ottimismo non sarebbe il petrolio a “scarseggiare”, sarebbe tutta colpa di quei cattivoni di Wall Street! I più estremisti arrivano addirittura a sospettare e a speculare su una presunta cospirazione mondiale volta a creare una mega-bolla speculativa sulle energie rinnovabili (complotto che coinvolgerebbe “ovviamente” anche tutti i climatologi del pianeta). Bolla sulle rinnovabili? Vediamo…

…certo, le rinnovabili fanno parlare di sé, ma non è un coro di lodi tutto quel che si sente su di loro, anzi. Eppure una bolla speculativa dovrebbe avere un'esca appetitosa per poter esistere, altrimenti che bolla sarebbe. Si fa un gran parlare di megaprogetti di centrali solari termiche nei deserti, ma per ora non s’è visto praticamente nulla (se non qualche passo in dietro). L’eolico, nonostante le assurde critiche e falsità mosse contro di lui, va "a gonfie vele", ma non potrà certo essere nè apparire "LA" soluzione dato l’attuale tasso di investimenti (elevatissimo, ma drasticamente insufficiente rispetto alle esigenze). Il fotovoltaico riempie i dibattiti ed accende gli animi, ma di piani su vasta scala nemmeno a parlarne (crescita impressionante, ma numeri ancora infinitesimali ed attacchi mediatici senza sosta - almeno in Italia). Geotermico, biomasse di nuova concezione, moto ondoso e tutto il resto sono pressoché ignorate, nonostante le ottime potenzialità di sviluppo. Dove sarebbe l'appetibilità? In altre parole: di quale bolla speculativa stiamo parlando? Dove sarebbe? D'altronde basta guardare le quotazioni di borsa per rendersi facilmente conto che non c’è stata nessuna bolla speculativa sulle energie rinnovabili, non c’è nemmeno ora e non vi sono i presupposti per poterne immaginare nell'immediato futuro. In Italia poi, è già tanto se il governo stesso non stroncherà l’emergente industria “verde” sul nascere, a causa dei continui cambiamenti legislativi e di un’ambiguità insensata che hanno scoraggiato gli investimenti in quel settore in modo molto efficace (soprattutto in un periodo di profonda recessione come quello attuale).

Pare che queste ovvie e superficiali constatazioni sfuggano del tutto ai tanti “ottimisti” che, almeno fino a poco fa, non facevano altro che ripetere ossessivamente “consumate e non preoccupatevi!”. Persino ora che l’economia e lo stato sociale versano in condizioni pietose, i dubbi energetici stentano a maturare in loro. La politica (a livello mondiale) poltrisce, indifferente, ignorante e distratta. Il mondo politico, in concreto, ingoia malvolentieri le sempre più pressanti richieste popolari per un mondo più verde, mal celando un osceno invaghimento per obbrobri economici oltre che ecologici quali il nucleare o il cosiddetto “carbone verde”.

Al di là delle diverse sfumature, per tutti questi ferventi credenti della “crescita economica infinita”, i pluridecennali gridi d’allarme lanciati dagli esperti del settore, sarebbero null’altro che farneticazioni da ecologisti irresponsabili. Al più un fastidioso rumore di sottofondo. Gli esperti, cioè i geologi ed i tecnici petroliferi, (non certo quegli “ottimisti” degli economisti) è dalla notte dei tempi che sostengono che la festa prima o poi deve finire. Il concetto sembrerebbe semplice: a forza di estrarre e consumare una risorsa finita, prima o poi quella finisce. Incredibilmente i più stentano a comprendere un tale elementare concetto. O forse semplicemente lo temono.

Il vostro affezionato Panda è un acceso sostenitore della teoria del Picco di Hubbert (quella su cui si basa l’idea del picco del petrolio). Una teoria, comunque, è sempre un’opinione e null’altro. I dati reali valgono sempre di più di qualsiasi teoria, quindi guardiamoli questi dati. Dopo averli guardati però poniamoci delle domande. Agli ottimisti incalliti, a quelli che fingono di non vedere quel che sta accadendo nel mondo, agli scettici sempre pronti a credere ai complotti più improbabili (ma mai a quelli più evidenti e banali), il vostro Panda rivolge alcune semplicissime domande:

1) Se non c’è e non ci sarà a breve un colossale problema di offerta di petrolio, come mai ci sono così tante raffinerie in vendita senza acquirenti? Per questo singolare fatto, sapreste trovare una spiegazione migliore di quella secondo cui le raffinerie attuali sono state create per raffinare solo il petrolio della miglior qualità (il sweet light crude), ma di quello ce n’è pochino in giro attualmente?

2) Se tutto va come sempre perché si estrae pessimo petrolio dalle sabbie bituminose dell’Alberta (in Canada) distruggendo completamente la foresta boreale (vedi foto) e con astronomici costi di estrazione? Perché sprecare in questo modo enormi quantità di energia (ed acqua) per ottenere petrolio di scarsa qualità e in quantità di poco superiori all’energia immessa nel processo?

3) Perché si trivella in acque profonde, con costi stratosferici e senza nessun riguardo per la sicurezza come il caso del disastro del golfo del Messico ha drammaticamente evidenziato?

4) Perché , nonostante il pesantissimo aumento del prezzo e della domanda di petrolio, la produzione non è aumentata di conseguenza? Perché l’OPEC ha continuato a ripetere “non c’è bisogno di aumenti di produzione, ma se fossero necessari saremmo in grado”?

5) Come mai i paesi del Nord Africa e del Medio-Oriente si hanno avuto sconvolgimenti politici esattamente come previsto dai “picchisti” con la teoria del Export Land Model ?

6) Come mai tra tutti i popoli oppressi da feroci dittatori vogliamo liberare a tutti i costi l’unico che ha ancora ampi giacimenti di sweet light crude (ossia petrolio di ottima qualità)?

7) Se il picco del petrolio non esiste, come ci si spiegano documenti quali quelli dell’EIA del 2009 (vedi qui)? O quelli del pentagono (qui)? O dell’esercito tedesco (vedi qui)? O le affermazioni di personaggi quali l’ex ministro del petrolio del l’Arabia Saudita, lo sceicco Zaki Yamani (qui e qui)?

8) Perché gli “ottimisti” si fidano di ragionamenti basati sulle scorte di petrolio dichiarate dai paesi produttori, benché vi siano lampanti conflitti di interesse in merito e benché le affermazioni dei produttori non siano in nessun modo verificabili?

9) Se il petrolio è abbondante rispetto alle esigenze mondiali presenti e future, perché il numero e la dimensione media dei nuovi giacimenti trovati è franata nonostante investimenti e tecnologie sempre più sofisticate? Perché i nuovi giacimenti si trovano sempre in posti impervi?

10) Se di petrolio a buon mercato ce n’è ancora tantissimo, perché gli investitori preferiscono mettere i loro soldi in pale eoliche? Perché diverse nazioni europee producono una fetta considerevole della propria elettricità con Eolo anziché con l’Oro Nero come in passato?


Il vostro Panda non crede ci sia più tempo per giochi di parole: vivremo la depletion energetica sulla nostra pelle. Il problema non sarà dei nostri nipoti o figli. Il problema è nostro. Già stiamo vivendo la depletion (per ora timidamente), solo che la preferiamo chiamare “crisi economica”. Da ora in poi aspettiamoci effetti molto più robusti.

O reinventiamo i nostri valori e le nostre visioni su temi cruciali quali economia, urbanistica, trasporti e felicità, oppure gli effetti della depletion energetica non saranno semplici cambiamenti, saranno disastri e tragedie inenarrabili. L’aspetto e l’atteggiamento culturale verso ciò che ci attende è la parte più importante delle soluzioni che possono essere trovate. Non c’è più tempo per prepararsi, per rinviare, per rimandare. Se ci salveremo sarà solo grazie alla cultura, quella nuova, quella che abbiamo l’obbligo morale di creare ora, quella in cui felicità, solidarietà, concretezza e sostenibilità sono pilastri imprescindibili e non orpelli secondari in stile “buoni propositi per l’anno prossimo”. Avere paura del nuovo è legittimo, scappare no. Ancor meno camuffare la fuga da ottimismo. L’ottimista vero agisce, non rinvia all’infinito sperando che una qualche magica tecnologia prima o poi lo salverà dalla sua stessa pigrizia.

Buon futuro a tutti dal Panda

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