lunedì 7 marzo 2011

Alla vigilia dell'8 Marzo

La giornata internazionale della Donna si avvicina e Pandemica-mente non può mancare di sottolineare l’importanza del processo di liberazione del gentil sesso. Importanza di tipo etico e morale, ma anche sociale e soprattutto economico. E’ evidente, infatti, che tanto più le condizioni delle donne sono difficili in un determinato paese e tanto peggio sono le condizioni economiche di quello stesso paese. Qualcuno dinnanzi a questa correlazione deduce che condizioni economiche avverse conducono la società che le subisce ad una cultura maschilista. Il Panda condivide solo parzialmente questa visione. Sembra infatti assai più realistico l’esatto contrario, ossia paesi che possiedono una forte discriminazione che penalizzi le donne subiscono una menomazione economica particolarmente severa. I motivi sono molteplici...

Un primo motivo a sostegno di questa visione è che, in quei paesi in via di sviluppo dove si opera una robusta politica di scolarizzazione ed alfabetizzazione femminile, circa vent’anni dopo si assiste inevitabilmente ad un fortissimo calo delle nascite associato ad un contemporaneo miglioramento delle condizioni economiche di quel paese. Più semplicemente una società maschilista è una società strutturalmente inefficiente, che spreca e sottoutilizza metà della propria forza lavoro, una società che tende a fare troppi figli e che deve subire tutte le gravi conseguenze che questo comporta. Una società maschilista è inoltre una società che vede i ruoli di responsabilità affidati con logiche di discriminazione di genere “oltre che”, o al posto di, logiche meritocratiche.

Una società maschilista poi soffre di uno squilibrio cronico nel processo di formazione ed applicazione di soluzioni ai vari problemi che essa stessa deve affrontare, dal momento che limita od esclude sistematicamente da tale processo il punto di vista femminile.

Quando si parla di emancipazione femminile si parla spesso delle problematiche che la gravidanza comporta in termini carieristici. Ci si scorda tuttavia che questa asimmetria lavorativa tra uomini e donne conduce a pesanti inefficienze. Si conteggiano solo i costi immediati della gravidanza, ma non quelli generati dalla discriminazione che appaiono molto maggiori. Ridurre la parità dei sessi ad una questione puramente morale ingabbia il dialogo ad un mero e sterile sfoggio di “buoni propositi”, ipocrisie e scontri tra differenti sensibilità. Tale inutile sfoggio di dabbenaggine politica e culturale è totalmente inaccettabile, soprattutto in un momento di profonda crisi economica come quello che stiamo vivendo. Il femminismo deve svincolarsi dal ruolo di propaganda elettorale e divenire punto di sviluppo economico programmatico. Lo schiavismo presente nelle piantagioni di cotone del sud degli Stati Uniti, d’altra parte, è stato affrontato e sconfitto a causa delle esigenze economiche delle moderne economie nordiste piuttosto che da eleganti e raffinati fioretti sull’egualitarismo.

A questo punto di vista meramente economico, ne andrebbe poi aggiunto un altro, di carattere umanitario, trascurato e sottovalutato al pari del primo. Numericamente e storicamente parlando, per quanto inumana, la discriminazione degli afroamericani è stata assai piccola cosa rispetto alle conseguenze del maschilismo. Dai pochi dati a disposizione, si sa che, solo egli ultimi due decenni, sono demograficamente “scomparse” 200 milioni di donne, vittime di omicidi, fame e discriminazione. Almeno 60 milioni sono state letteralmente 'cancellate' con infanticidi e aborti selettivi. In alcune zone del mondo il fenomeno è tanto accentuato che si è assistito a fenomeni di migrazioni maschili dovute alla necessità di trovar moglie. Per dar un senso alle cifre in questione, si consideri che l’intera seconda guerra mondiale ha fatto un totale di circa 50 milioni di persone. Quanti film, documentari e celebrazioni sono stati fatti sui campi di concentramento? Per quanti siano, certo mai abbastanza, se basta la loro mancanza per farci sorvolare con tanta sfrontata superficialità su un crimine di tali proporzioni.

Dire che il maschilismo è peggio del Nazismo e dello Stalinismo messi insieme non è un’esagerazione retorica, ma una constatazione statistica. Chi se la sentirebbe di raccontare stupide battute e barzellette sui forni crematori di Auschwitz a degli ebrei? E sui milioni di morti dei Gulag sovietici con i parenti delle vittime? Quanto sarebbe comprensiva la nostra stessa società dinnanzi ad un atteggiamento del genere? Quanto sarebbe socialmente accettato se qualcuno sostenesse pubblicamente che lo schiavismo in fondo era il giusto e naturale rapporto che dev’esserci tra bianchi e neri? Quanti avrebbero il “fegato” di sostenere pubblicamente e sghignazzando che un nero al volante sia un pericolo costante?

E quante battutine piccanti devono sopportare le donne ogni giorno? Quanta mancanza di fairplay? Per quanto tempo ancora si dovrà ritenere socialmente accettabile che uomini politici e giornalisti affermati, se la diatriba politica lo richieda, tentino pateticamente di giustificare fenomeni di prostituzione femminile minorili come se essa facesse parte del processo di liberalizzazione sessuale delle donne?

Domani è l’8 marzo, la giornata delle Donne, un’occasione splendida per ricordare cosa sopportano ogni giorno le donne in Italia e nel mondo: l’insopportabile! Gli uomini devono alle donne molto di più d’un rametto di mimosa all’anno (ammesso e non concesso che se ne ricordino). Gli uomini, quelli veri, devono solidarietà e sostegno e non solo un giorno all’anno. E’ ora di finirla col maschilismo e se non ora quando?


Un saluto sincero a uomini e donne dal vostro affezionato Panda.

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