domenica 30 gennaio 2011

Permacultura & Co.

La Permacultura si sta diffondendo. Silenziosamente, lontana anni luce dai clamori della cronaca, ma si sta diffondendo. Nonostante la pesante censura degli ambienti mediatici e tecnici, che l'hanno relegata per decenni nell'ambito delle utopie stralunate ed ignorate, la Permacultura sta via via prendendo slancio.
La Permacultura (con la sua fissa per una società solidale, ecocompatibile e soprattutto sostenibile nel lungo periodo), parrebbe un'idea troppo ambiziosa e controcorrente per sopravvivere nell'attuale mondo globalizzato. L'odierna"cultura di massa", totalmente votata al consumismo, ossessionata dal guadagno facile e dai marchi commerciali, sembrerebbe infatti dominare il mondo con la sua solita ed incontrastata indifferenza. Un'indifferenza nata all'ombra dei colossali interessi delle corporations (alias le multinazionali). Il buon senso farebbe quindi dire che, in questa "cultura di massa", non vi sia spazio alcuno per far propagare la Permacultura neppure ad un livello di nicchia. Il buon senso però a volte non funziona e questa, per fortuna, è una di quelle rarissime volte dove ci si può giustamente rallegrare di tale insuccesso.
Così, contro ogni previsione, la Permacultura avanza e, cosa ancor più promettente, inizia ad infiltrarsi anche dove meno te lo aspetteresti, ad esempio, negli Stati Uniti e persino nei suoi sconfinati centri urbani che, come noto, così poco hanno di ecosostenibile...

Insomma, se anche nelle megalopoli della nazione con la più grande impronta ecologica pro-capite, si stanno iniziando a prendere provvedimenti inspirati dal Picco del petrolio, dalla Transizione, dalla Decrescita Felice, da SlowFood, ecc. allora c'è di che brindare.
Eh sì, perchè la Permacultura non vuol dire solo coltivare campi con un criterio di sostenibilità opposto a quello industrial-consumistico dell'agricultura dominante. Permacultura vuol dire guardare a tutti gli aspeti complessivamente: aspetti agricoli, ma anche energetici, di risparmio, economici, di trasporto, finanziari, lavorativi ecc... L'ambiente urbano, quindi, al pari di quello agricolo, non è affatto trascurato dalla Permacultura ed anzi, la sua transizione verso modelli più sostenibili ne è un capisaldo.
Se qualcuno è riuscito a creare, all'interno della nazione più consumistica dell'intero pianeta, una fattoria urbana la cui fama sta raggiungendo il livello internazionale (vedi qui : http://urbanhomestead.org/ ). Allora si può ben dire che la Permacultura sia un approccio esportabile, adattabile ed adottabile ovunque. Che è esattamente ciò che la Permacultura ambisce ad essere.
D'altra parte, anche a causa della sempre maggiore attenzione a temi quali il Picco del Petrolio, le energie rinnovabili, la cura del ferro, l'esaurimento delle risorse e le TransitionTowns, sempre più persone incominciano a comprendere che c'è qualcosa, nel attuale stile di vita e di modello economico, che proprio non va. Qualcosa proprio non va e non è qualcosa di marginale e di facilmente rimediabile. Sia mamma Natura sia l'Economia stanno iniziando a dare chiarissimi segni di insofferenza verso questo "qualcosa che proprio non va". Già l'iniziare a cogliere tali segnali può essere considerato un grande passo avanti, vista la totale indifferenza che la nostra società ha mostrato finora.
Sempre più persone nel mondo, ad esempio, si stanno sempre più allarmando nel constatare con sgomento che l'agricoltura industriale è ormai in piena crisi. L'agricoltura industrializzata (fatta di trattori, lavorazioni ad alta intensità energetica, inquinamento d'ogni tipo, uso di diserbanti e concimi chimici derivati dal  petrolio, sperpero di fonti idriche non rinnovabili ed interminabili catene distributive) ha ormai raggiunto ed oltrepassato i suoi stessi limiti strutturali. La perdita di efficienza derivante dagli enormi sprechi, dai cambiamenti climatici, dalla desertificazione, dalla competizione con colture non commestibili (in primis per biocarburanti) e dalla perdita drammatica di fertilità dei terreni non è più recuperabile con la pura forza bruta ossia con i soliti sistemi che in definitiva potremmo semplicemente chiamare petrolio. L'agricoltura industriale dopo decenni di sfavillanti successi è in profonda crisi e tutti ce ne possiamo accorgere. Basta confrontare i prezzi del grano, del riso, dello zucchero e delle verdure con quello di pochi anni fa. Si pensi a tal riguardo che siamo giunti ad un punto tale per cui, persino l'ONU, pur con le sue solite rassicurazioni, incomincia seriamente a preoccuparsi. L'inalzamento dei prezzi in dedcine di paesi africani ed asiatici non rappresenta più un mero problema umanitario, ma un problema di stabilità politica. L'inalzamento dei costi energetici combinata ai devastanti danni del cambiamento climatico in atto (con tutte le relative conseguenze comprese le eventuali, ma del tutto marginali, speculazioni finanziarie) stanno iniziando a condurre le popolazioni più esposte (ossia quelle mediorientali caratterizzate da bassi redditi e limitata o nulla autosufficienza alimentare) a vere e proprie rivolte del pane. L'occidente intanto osserva il tutto con fare catatonico, fingendo di non vedere, di non capire, di non sapere quel che sta accadendo in questi stessi giorni. Un groviglio di interessi economici, politici e militari, mischiati ad ignoranza e paura, spinge i governi dei paesi ricchi ad intervenire solo sul piano diplomatico (senza neppure troppo convincimento), come se la fame potesse essere arginata coi trattati segreti. E sul lato dell'opinione pubblica? La "cultura di massa" figlia dell'economia del petrolio (che andrebbe chiamata "ignoranza di massa"), non riuscendo ad elaborare quel che pure ha ormai dinnanzi agli occhi tutti i giorni, fa quel che solo sa fare: se ne frega, ridacchia e cambia canale. La "cultura di massa" figlia del petrolio a buon mercato non è ancora in grado di accettare il fatto che ben presto sarà orfana e continua a fregarsene del Picco del Petrolio, delle TransitionTowns, dei cambiamenti climatici e della Permacultura. La "cultura di massa", ignorante qual'è, confida con cieco ottimismo nel fatto che il progresso tecnico-scientifico risolverà ogni suo problema, senza neppure sospettare che quel progresso apparentemente inarrestabile del passato, è stato reso possibile proprio dal petrolio a buon mercato. Arrivare impreparati alla fase post-picco del petrolio (ossia in una fase priva di petrolio a buon mercato e senza un'alternativa infrastrutturale alternativa adeguata alle esigenze mondiali), mantenere l'attuale livello di susistenza sarà impossibile. In un tale catastrofico scenario di ricerca e sviluppo nemmeno a parlarne. La soluzione ai problemi posti dal Picco del Petrolio non è di natura tecnica. Le tecnologie per sopperire al petrolio già esistono, quel che manca è la volontà politica. Senza una vera cultura di massa, consapevole ed attiva, nessuno stimolo giungerà alla classe politica per prepararsi al post-Picco. In assenza di consapevolezza di quel tipo, gli unici stimoli che giungeranno alla classe politica saranno quelli dele lobby di potere conservatrici che spingeranno l'intero sistema verso l'autodistruzione nell'illusorio tentativo di mantenere la loro posizione dominante.

La Permacultura è quella consapevolezza. La sua diffusione è oro.
Il silenzio che l'avvolge, al contrario, è la misura dell'enorme ignoranza ed arroganza generata (insieme ad un inutile e dannoso surplus produttivo) dall'economia del petrolio.

All'ombra di tanta ignorante arroganza, tuttavia, la Permacultura continua ad avanzare inarrestabile. La sua crescita è lenta come quella di una grande quercia, ma la sua fibra altrettanto robusta. Piccoli, ma agguerriti gruppi legati alla Permacultura ed al concetto di transizione appaiono addirittura in una metropoli quali Los Angeles (vedi qui). Alla faccia di chi, da vero delinquente, sostiene che non c'è nessun problema e va tutto bene così ed anche alla faccia di chi non sa proporre altro che infiniti allarmi e visioni catastrofiche di deprimente immobilismo.

La Permacultura, così come la transizione, il Picco del Petrolio ed l'attivismo che si oppone ai cambiamenti climatici, sono consapevolezza e coraggio sociale. Rappresentano egregiamente il "co-coraggio" di cui c'è tanto bisogno, ossia un coraggio condiviso e collettivo che spinge la nostra società ad agire in positivo. Alla nostra epoca non servono grandi e solitari eroi alla Kennedy, ma un'infinità di "mini-eroi" del quotidiano messi in rete e pronti ad aiutarsi e sostenersi l'un l'altro.

Buona Transizione a voi tutti e un salutone dal vostro affezionato Panda.

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