sabato 6 novembre 2010

Come va l'Italia?



Nel teatrino della politica italiana si contrappongono due distinte visioni a proposito della reazione economica del Bel Paese alla crisi. Per la destra l'Italia va meglio di altre nazioni ed ormai il peggio è passato. Per la sinistra invece l'Italia ha subito più di altri gli effetti negativi della crisi ed il peggio non è alle nostre spalle, ma di fronte a noi, a causa dell'immobilismo politico di questi ultimi anni. Quale di questi due punti di vista più si avvicina alla realtà dei fatti?




Non farò finta di possedere un'imparzialità che non ho. Dico quindi subito che propendo per una delle due visioni: quella proposta dalla sinistra. E' vero che alcune caratteristiche tutte italiane (quale l'alta propensione al risparmio e l'elevato livello di case di proprietà) hanno mitigato gli effetti della crisi, ma la paralisi sociale, politica, culturale ed economica degli ultimi anni hanno reso tale vantaggio del tutto insufficiente.

I nostri lavoratori hanno sofferto troppo a lungo una perdita di potere d'acquisto senza confronti in Europa. Ciò ha depresso i consumi interni in modo strutturale.

Una apparentemente inestirpabile avversione italica ad ogni pur minimo investimento ha fatto rapidamente perdere al Bel Paese competitività sui mercati stranieri. Ciò ha comportato una forte e duratura contrazione delle esportazioni italiane. Una vera e propia mazzata.

L'avversione alle innovazioni, un forte aumento della corruzione ed il boom dell'evasione fiscale (con contorno di condoni e scudi fiscali vari) hanno fatto il resto, divorando ad ampi morsi il benessere e le conquiste accumulate in passato.

Come va l'Italia? Va male, anzi malissimo. Va così male che anche ora l'Italia stenta a comprendere che i suoi guai sono in realtà ben precedenti a questa crisi. La crisi ha solo accelerato i tempi. La videocrazia ha rubato sensibilità ed intelletto agli Italiani, lasciandoli ignoranti, cinici ed indifferenti a qualsiasi catastrofe.

Il fatto è che, negli anni che hanno preceduto la crisi, mentre le nazioni analoghe a noi galoppavano economie energiche ed apparentemente innarrestabili, l'Italia a stento arrancava incapace di scollarsi vecchi e nuovi malcostumi. Mentre gli altri investivano in stato sociale, alte tecnologie, competenze d'eccellenza e lavoro qualificato, l'Italia sceglieva come modello industriale e civile disastroso: il modello cinese. Un modello unidirezionale volto solo a minimizzare il costo della manodopera. Un modello perdente e senza speranza di fronte al suo originale: la Cina appunto. Tale miope visione industriale, portata avanti ad oltranza da una gerontocrazia di stampo mafioso insopportabilmente maschilista, bigotta, nepotista ed arrogante ha spezzato l'Italia. In questo paese ormai per essere qualcuno che conta bisogna essere, prima di ogni altra cosa, maschi, vecchi decrepiti e moralmente disinvolti, qualità che mal si addicono per competere col resto del mondo odierno. Nel resto del mondo, infatti, ormai da tempo, quel che conta è solo l'innovazione, la capacità di attrarre investitori (ossia la credibilità) e la visione strategica.

Se credete che le mie parole siano eccessive manifestazioni retoriche di un effimero sfogo emotivo, vi invito a guardare nuovamente l'immagine posta in cima a questo post. Si tratta del grafico ricavato da una semplicissima operazione svolta dal vostro Panda: sono andato sul sito di WolframAlfa (un sito che consente di utilizzare dati raccolti da fonti sicure e di effettuare calcoli a partire da essi). Mi è bastato digitare in inglese ciò che cercavo, ossia i dato storici della differenza tra il PIL dell'Italia e quello della Germania ossia: "GDP of Italy - GDP of Germany". WolframAlfa è una realtà internazionale che, scusate la crudezza, se ne frega ampiamente delle nostre beghe politiche interne e questo lo rende particolarmente appetibile per chi non scarseggia in curiosità.
Se volete farvi del male, potete provare voi stessi, sostituedo alla Germania il nome di qualche altro paese come la Francia, la Cina o gli Stati Uniti. Pur disprezzando il PIL come unico metro di giudizio per ogni decisione, riconosco in questo caso che esso si presta drammaticamente bene nel fornire un'idea di sintesi dell'andamento della competitività internazionale dell'Italia. Come si può vedere i nostri problemi hanno iniziato a manifestarsi molti anni prima dell'inizio di questa crisi.
A chi va dicendo che per risolvere i nostri problemi serve solo ottimismo, dico che sarò l'uomo il Panda più ottimista della terra quando lui avrà proposto qualcosa di credibile per far rientrare i cervelli italiani scappati all'estero, quando avrà proposto un piano energetico nazionale che non sia suicida, quando avrà proposto leggi per stroncare mafie ed evasori (e non giudici e poliziotti), quando avrà speso almeno un minuto a concepire un piano di sviluppo industriale degno di questo nome, quando avrà cestinato idiozie quali il ponte sullo stretto, ecc... ecc... ecc...
Fino ad allora considererò il suo invito "all'ottimismo e null'altro" per quello che è: una sfrontata richiesta a non rompergli i ##@!!<# e lasciargli fare ciò che più gli aggrada e sollazza.
Spero che in molti sceglieranno un tipo di ottimismo ben diverso. Un ottimismo fatto di coraggio e forza d'animo. Soprattutto un ottimismo al servizio del buon senso e della cultura. In questa mia speranza, non vi stupite, mi sento veramente ottimista.

Un saluto a tutti dal Panda.

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